Leggere e studiare hanno sempre avuto su di me un effetto calmante, girare le pagine e venire catapultata in un mondo diverso da quello in cui sto vivendo e che può diventare fonte di ansie e preoccupazioni ha sempre funzionato nei momenti di crisi.
Ma sapevate che leggere è la base di una terapia psichiatrica?

Questa pratica si chiama biblioterapia o libroterapia, e mi sono stupita nel venire a conoscenza che la biblioterapia esiste eccome, e viene praticata anche in Italia.

Che cos’è la biblioterapia?

La libroterapia è un metodo di terapia che si basa sulla lettura di un libro, o una serie di libri che vengono proposti dallo psichiatra per aiutare il paziente che soffre generalmente di ansia, depressione o in alcuni casi anche di schizofrenia.
Il principio di base è quello dell’acquisizione della conoscenza di sé e una maggiore consapevolezza da parte del paziente della sua condizione per poterla affrontare al meglio.

Con questo non intendo dire che leggere curi dalla schizofrenia, ma sono estremamente convinta che la lettura abbia un potere terapeutico che, unito ad un percorso guidato da esperti, possa avere delle ripercussioni positive per questo tipo di problematiche.

É nuova?

Niente affatto!
Una pratica affine alla biblioterapia si trova già nell’antica Grecia, testimoniata dalla scritta apposta sopra l’entrata della biblioteca d’Alessandria che recitava “Ospedale dell’anima”.
Inoltre Aristotele, che non era proprio l’ultimo arrivato, era un grande promotore della catarsi. Sebbene si concretizzasse attraverso opere teatrali, e non la lettura, il principio è lo stesso. Conoscere ed immedesimarsi nella storia per “purificarsi” dalla negatività ed essere una persona migliore attraverso la propria autoconoscenza.

Inoltre guardando la mitologia ellenica notiamo che Apollo è sia il dio della poesia che delle arti mediche, un caso? Molto poco probabile.
Lo stretto legame tra la salute della mente e del corpo è infatti ancor meglio identificabile nella celeberrima frase “Mens sana in corpore sano” di Giovenale.

Infatti la prerogativa per un corpo sano è una sana condizione psichica.
Pensiamo anche a tutte le patologie psicosomatiche che affliggono la nostra società.

Quindi è sempre stata usata?

filosofiNon esattamente, per un periodo, all’incirca il Diciottesimo secolo, la biblioterapia non era una pratica ben vista dato che la lettura era addirittura ritenuta dannosa in alcuni casi.
Però le letture religiose erano incoraggiate, quindi al lato pratico non è mai stata interrotta, anche se il materiale con cui praticare la libroterapia era estremamente ridotto.
Ed è proprio negli istituti di igiene mentale e negli ospedali che si è notato l’effetto benefico della lettura come distrazione dalle preoccupazioni o da pensieri ossessivi.

La biblioterapia come la intendiamo noi oggi comincia ad essere studiata e realizzata ad inizio Novecento, e sarà nel 1916 che Samuel Crothers userà questo termine per indicare il possibile utilizzo terapeutico della lettura.
Sarà solo negli anni trenta del Novecento che la libroterapia comincia ad affermarsi, anche grazie allo studio di casi clinici di ex soldati nel periodo post bellico.

Autosuggestione o scienza?

Studi sul cervello hanno dimostrato che la lettura attiva dei neuroni chiamati neuroni specchio che si attiverebbero al compiere fisicamente un’azione.
Questo significa che leggere è una simulazione dell’azione. Questo processo innesca la catarsi aristotelica che permette di affrontare con maggiore serenità i propri problemi e a far star meglio il lettore.

Non è affascinante?
Quindi la prossima volta che verrete ripresi per la pila di libri che avete portato a casa, mandategli questo articolo!

Voi avevate mai sentito parlare di biblioterapia? Avete mai provato a fare una seduta?