Uno dei primi dubbi che colgono uno scrittore è come narrare il proprio testo. La narrazione in prima persona ha vantaggi e svantaggi. Certamente è difficile orientarsi quando si è alle prime armi, vediamo quindi di fare il punto della situazione.

Io e me stessa, ma voi mi capite?

Come potete vedere in questo blog le mie storie partono tutte da fatti più o meno personali: per quel che riguarda gli articoli trovo naturale parlarvene in prima persona, mentre solo alcuni racconti brevi e Il sogno di un’adolescente sono stati narrati in prima persona.

Se non è uno stile necessario all’arricchimento della trama e alla resa narrativa, trovo la prima persona sia difficile da utilizzare. Può capitare infatti che il narratore si lasci prendere dall’entusiasmo parlando di ciò che avviene secondo la sua percezione, anche se a volte è difficile per una persona che non è il narratore stesso captare tutte le sfumature che spiegano i suoi comportamenti.

Alla fine siamo umani, e per definizione non possiamo entrare nella testa di un’altra persona. Anche se è esattamente quello che si cerca di fare raccontando le cose come stanno secondo il proprio punto di vista. Se però la spiegazione non avviene con delle modalità chiare finisce per essere “un gran guazzabuglio medioevale”, per citare un grande personaggio del calibro di Mago Merlino de “La Spada della Roccia” della Disney (e se non l’avete mai visto fatelo al più presto perché vi state perdendo una pietra miliare dell’animazione).

Ogni storia è molto personale, e parlarne in prima persona è più semplice, soprattutto per le prime storie che si scrivono, ma bisogna ricordare sempre di pensare anche a come chi legge interpreterà le vostre parole!

Voglio che mi capiscano, non che pensino stia delirando.

Un altro aspetto molto importante è non eccedere con l’originalità. Se il personaggio ha qualcosa di diverso da dire ricordate di non farlo diventare un grande delirio come Ulysses di James Joyce (scusami James, ma non sono riuscita a leggere oltre la quinta pagina).

Il fatto di narrare in prima persona è un vantaggio perchè avvicina il lettore e lo fa entrare nella comfort zone del personaggio, è un privilegio che rende il rapporto più emotivo e d’impatto. I meccanismi che portano a questo però devono essere reali, nessuno vuole una storia patinata di ovvietà!

Ma non ci stiamo dimenticando qualcosa? Ah già, il mondo!

Il problema della narrazione in prima persona si pone quando ci ricordiamo che il narratore non agisce da solo e che avere un solo punto di vista può essere riduttivo.

Questo aspetto viene definito “Il narratore inaffidabile”. Come sappiamo la verità non è mai assoluta, e sentire una sola campana potrebbe essere svantaggioso. Inoltre sappiamo tutti com’è finito Narciso a forza di pensare solo a sé… E non è carino.

Il mondo in prima persona apparirà quindi ristretto al campo visivo di un solo personaggio con cui abbiamo un legame empatico, e solitamente questo ci porta ad accettare comportamenti che da esterni avremmo reputato in tutt’altra maniera, come ad esempio essere eccessivamente indulgenti con sé stessi e con il narratore, oltre che ad identificarsi con le sue autocommiserazioni.

Ma anche qui, dipende dal vostro scopo.

Dentro e fuori

Il lettore conosce tutti i pensieri più intimi del narratore, ma anche il narratore ha un aspetto fisico.

Per descriverlo si è usato da sempre il trucco del descrivere quello che il personaggio vede di se stesso allo specchio, ma direi che cercare soluzioni un po’ più alternative potrebbe essere una buona idea. Infatti ci sono altri personaggi che potrebbero aiutare allo scopo, chiamando per nome il narratore, per esempio, e ricordando che anche lui vive in un mondo reale.

Scrivere in prima persona non è facile ci vuole coraggio per mettersi a nudo, ma ci vuole anche una gran dose di umiltà per non eccedere nel mettersi al centro di tutto. Come per tutto, serve equilibrio.