George Orwell ne aveva già parlato in “1984”, facendo sentire come il “Grande Fratello” torreggiasse sopra tutti i cittadini di Pista Uno (Airstrip One in lingua inglese), mostrando la sua immagine su tutti i cartelloni pubblicitari, con gli occhi che seguono il protagonista anche all’interno del suo appartamento, ricordandogli che è sempre osservato.
Un despota onniveggente e che non è reale: non ha punti deboli e non può essere sconfitto
Quando ideai la figura del Supremo per il racconto Amici nei Sogni ero troppo giovane, non avevo la maturità per leggere l’opera di Orwell, ma sicuramente ha influenzato la sua evoluzione.
Come il Grande Fratello, il Supremo è sopra a tutto ed è sconosciuto, non sbaglia e non ha paura. Nessun uomo lo può manipolare, non c’è nulla che possa essere usato contro di lui.
Questo però non fa del Supremo il “Cattivo”, per il semplice princio per il quale “lui è il male”: dall’inizio dell’adolescenza la formula “è cattivo perché sì” si è rivelata una teoria poco efficace.
Il Supremo ha dei principi ed una morale: che sia condivisibile o meno dal lettore è discutibile, ma di sicuro è un personaggio coerente, che non fa azioni al solo scopo di condurre la trama ed opporsi ai protagonisti.
L’immagine che ho sempre avuto del Supremo è stata quella di una creatura sola: è l’unico abitante del suo mondo sterile e come passatempo nella sua vita eterna ed immortale gli ho assegnato la capacità di osservare le vite delle persone. Una vita reclusa nella sala degli specchi.
Per rendere il distacco tra il Supremo e la persona osservata ho voluto porre degli specchi come finestre sui mondi. All’epoca condividevo le mie idee con l’amica Betta, una ragazza neanche diciottenne che stimolata dal mio mondo fantastico creava occasionalmente delle tavole.
Rimasi allibita quando mi presentò la sua interpretazione sella stanza: una sala circolare con una quindicina di specchi. Al centro aveva posto una grande sfera il cui basamento era costituito dalla figura di un drago orientale, visibile riflesso in ogni specchio.
Per quanto il disegno fosse solo uno schizzo, mi colpì molto la cura per i dettagli: a specchi alterni si vedevano le vite dei ragazzi protagonisti della trama, mentre negli altri i luoghi in cui avevo sviluppato degli scontri tra i protagonisti ed il Supremo.
Certo, questa visione di una stanza circondata da specchi al giorno d’oggi può far sorridere, con la generazione di internet e dei social media la rappresentazione di collegamento ad altre vite può assumere aspetti grafici ben più articolati.
Se voi foste nel vuoto e poteste modellarlo come meglio credete, come vorreste spiare le vite degli altri? Piccole finestre in pareti di specchi oppure tecnologici monitor tutti attorno a voi?