Iniziai ad avere consapevolezza dei sogni quando da bambina mi sdraiavo a letto e chiudendo gli occhi iniziavo a rivivere la giornata appena trascorsa: sognare era prendere il controllo di quel ricordo e modificarlo a mio piacimento. Poi feci la stessa cosa con dei racconti, inserendomi come protagonista.
Solo nella prima adolescenza però, iniziai a ritenere quelle fantasie sufficientemente interessanti da poter essere condivise con gli altri, per quanto fossero storie ancora ingenue.
L’idea interessante
Lavorando in ambito artistico mi sono ritrova ad avere dei datori di lavoro creativi: in particolare uno, arrivava in ufficio con una nuova idea che lo entusiasmava e mi ritrovavo a dover impiegare le mie risorse per realizzarla. Sapete come andava a finire molto spesso?
Succedeva che quell’idea piaceva solo a lui, trovando deludente la sua realizzazione.
I sogni hanno la particolarità di coinvolgere emotivamente chi li svolge, che si sente legato intimamente. Questo rende meno obiettivo il giudizio sulla validità della fantasia.
Quindi, prima di usare un sogno come base per una storia, chiediamoci onestamente se piace solo a noi o può interessare ad un pubblico.
Il “tu non c’eri, non puoi capire”, invalida qualsiasi idea.
Il lavoro dei sogni
Stanislavskij aveva creato un metodo di recitazione che si basava sull’empatia tra attori e i personaggi che interpretavano: se un teatrante riusciva a immedesimarsi nella situazione che il personaggio viveva, riteneva più convincente la messa in scena.
Uno stesso discorso vale per le storie: maggiore è l’empatia che si riesce a creare tra un lettore e la lettura di finzione, migliore sarà il riscontro del pubblico.
Una tecnica che può aiutare ad uscire dal blocco dello scrittore può essere proprio l’immedesimarsi nella scena che risulta ostica e immaginare come la si potrebbe risolvere.
Un altro metodo che ho sentito adottare è quello del diario dei sogni, ovvero tenere sul comodino carta e penna per scrivere subito svegli ciò che si è sognato.
Peccato che quando si hanno risvegli improvvisi si tende a dimenticare subito il sogno.
La tecnica che io uso principalmente è quella della meditazione: prima di mettermi a dormire cerco il rilassamento ed il controllo dei pensieri e delle fantasie. Spesso mi ritrovo in una sorta di limbo tra sogno e realtà, dove iniziano i sogni ma ho parzialmente il controllo.
Il simbolismo
Non voglio addentrarmi nel campo della psicologia, ma parto dal concetto di Freud che i sogni abbiano un significato. Questo anche quando viene usato nei racconti.
Utilizzare i sogni all’interno di una storia può quindi essere pericoloso: si rischia di confondere il lettore su cosa sia “reale” nel racconto e cosa no, ingannandolo. Il lettore non conosce il mondo del libro, lo sta scoprendo e leggendo per la prima volta.
Il sogno utilizzato nei racconti deve essere funzionale alla trama e farla progredire.
I sogni possono essere fonte di ispirazione per gli autori, e se sono bravi fanno a loro volta sognare i lettori, divenendo così fonte di ispirazione.
Voi che rapporto avete coi vostri sogni?