Come spesso abbiamo visto insieme, la vita dei nostri personaggi immaginari dovrebbe avere delle caratteristiche di base quanto più verosimili; le emozioni, i ragionamenti, il funzionamento delle relazioni sociali e le imperfezioni che rendono veri i nostri protagonisti.
Allo stesso modo il numero di personaggi attivi e importanti all’interno di una storia dovrebbero essere verosimili al numero di persone con cui mediamente un soggetto comune instaura un rapporto duraturo e di lunga durata.
Robin Dunbar, un antropologo inglese, ha effettuato una ricerca a riguardo e ha stimato che nella vita in media si incontrano casualmente ottantamila persone; si hanno relazioni sostenibili con un numero non superiore a centocinquanta, ma si hanno non più di quindici amici vicini. Se poi si guarda alla cerchia ancora più ristretta di conoscenza non si superano i cinque amici della vita.
Questo avvalora il detto che “Gli amici veri si contano sulle dita d’una mano”, ma ci forniscono anche un’altra importante informazione su quanti personaggi far entrare a far parte della nostra narrazione.
Questo dato avvalora a maggior ragione un consiglio che solitamente viene dato agli scrittori, ovvero di includere un numero di personaggi non maggiore di sette, in quanto si rischierebbe di confondere il lettore e di farlo desistere dal proseguire.
Quando si parla di personaggi veri e propri si intende in numero di persone che nella storia si possono definire come “completi”; essi avranno quindi una descrizione fisica più o meno completa, una storia e saranno presenti in maniera importante durante l’arco della narrazione.
Ovviamente poi c’è tutta una serie di comparse che serviranno da supporto alla storia, come ad esempio un barista o un parrucchiere che potrebbero avere una parte un po’ più consistente rispetto al semplice svolgimento della loro attività se magari servono come informatori per una delle nostre figure principali, protagonista o antagonista che sia.
In questo caso ovviamente non sarà necessario fornire una quantità massiccia di informazioni, ma se sentite che uno dei vostri personaggi secondari o delle vostre comparse merita più spazio, non abbiate paura di approfondire la sua storia in maniera indipendente da quella della narrazione che si sta sviluppando.
Un numero ingente di personaggi è sempre deleterio?
Ovviamente ogni storia poi ha le sue determinate specifiche.
Pensiamo ad esempio a Game of Thrones, che conta non meno di una cinquantina di personaggi in totale; in questo caso Martin ha proprio deciso di buttare nel cestino il manuale del buon scrittore per dare spazio alla sua enorme dispensa di personaggi, che, a modo loro, sono tutti vitali per la narrazione.
Il caso di Game of Thrones è un’eccezione rispetto alla media di archi narrativi che solitamente troviamo in un romanzo dato che solo le famiglie principali sono sette. In questo caso il lettore ha una percentuale di probabilità molto alta di rimanere confuso dal tutto.
Per ovviare a questo problema solitamente si ricorre all’indice dei personaggi, che è sempre buona norma inserire all’inizio del libro per permettere ai fruitori di avere un rimando sicuro nel caso in cui avessero dei dubbi.
Anche il nome gioca un ruolo importante
Il nome di un personaggio è vitale per il funzionamento dello stesso, e, contemporaneamente traccia delle linee di demarcazione che gli permettono di non essere confuso con qualcun altro.
Un trucco da tenere a mente è ad esempio quello di non usare la stessa iniziale per due personaggi, a meno che non si tratti di una situazione in cui possono quasi essere assimilati in un’unica persona o siano legati in modo particolare.
Pensiamo ad esempio a Pinco Panco e Panco Pinco, de Alice nel Paese delle Meraviglie; in questo caso il gioco di nomi dei due gemelli è ovvio, e serve a sottolineare l’interscambiabilità dei due. Essi sono vestiti in maniera identica e parlano l’uno completando le frasi dell’altro, quasi ad essere appunto, la stessa persona.
Al contrario invece abbiamo i fratelli Grimm: nella storia di Bianchina e Rosetta, le due sorelle sono completamente diverse, sia fisicamente che caratterialmente, e i due nomi lo rendono ancora più chiaro.
Ovviamente i fratelli Grimm hanno raccolto storie popolari per bambini, quindi è chiara la necessità di creare una polarizzazione sufficientemente chiara per il loro pubblico, ma il principio rimane.
Per essere poi sicuri di non scegliere due nomi simili tra loro, potrebbe essere una buona idea quella di tenere annotato su un foglio a parte l’elenco completo dei personaggi, così da sfoltirli una volta finita la prima stesura, se necessario.
Alcuni lettori preferiscono leggere una storia complicata da un punto di vista del numero dei soggetti coinvolti, ed ovviano a questo disguido creando una mappa dei personaggi e delle relazioni.
Quindi se anche voi state scrivendo un’epica raccolta della storia di famiglie numerose, potrebbe essere un’idea fare lo stesso, per evitare imperfezioni o contraddizioni nella narrazione.
Voi cosa ne pensate? Vi piacciono le storie affollate o preferite una narrazione snella con pochi soggetti?