Dunque… sì gli ingredienti ci sono tutti, occhi lacrimevoli, ginocchia molli, farfalle nello stomaco e tanti batticuori! Mischiare tutto insieme e si ottiene la Torta Paradiso dei Cliché!
Seguite il mio profilo per evitare che tali aberrazioni non finiscano nel vostro racconto!
Buongiorno cari amici, come avete immaginato oggi parleremo di cliché sentimentali, o meglio, di risposte inflazionate ai sentimenti.
L’ispirazione mi è venuta da un recente film che ho visto che sfortunatamente aveva come protagonista una bella bambolina, peccato che avesse anche la faccia capace di assumere una sola espressione, facendo precipitare l’empatia nella sala ai minimi storici, forse è stata battuta solo dal perfido cacciatore che uccide la mamma di Bambi, ma almeno quest’ultimo aveva un po’ di carattere!
Il punto è che nei libri ormai abbiamo una vera e propria indigestione da cliché: siamo stanchi di sentire sempre le solite frasi e di incontrare sempre le solite espressioni. Un personaggio è arrabbiato? Allora sicuramente digrignerà i denti, sintomo di ira funesta! Peccato che almeno io non vado in giro con i denti in mostra come un furetto afflitto da secchezza di fauci quando sono arrabbiata, ma non so voi.
Come fare?
La maniera migliore per dare note accese di colore all’espressività dei nostri personaggi parte proprio dall’osservazione delle persone che ci stanno incontro.
Sarebbe quindi interessante tenere annotate, magari con una semplice nota del cellulare, alcune espressioni che ci incuriosiscono, soprattutto se di estranei. Badando a non sembrare degli stalker è facile studiare la mimica, unica di ogni persona, e poi riadattarla a piacimento in ognuna delle nostre storie.
Ad esempio guardando la reazione di uno scambio tra un commesso ed un cliente è stato affascinante vedere come il cliente, adirato perché le scarpe si erano rovinate dopo un lavaggio in lavatrice, si accanisse contro il commesso, l’azienda e un po’ tutto il comparto calzaturiero in generale: alzava la voce, indicava con veemenza le scarpe rovinate e si protendeva verso il commesso che viceversa presentava tutta un’altra palette di espressioni.
Era anche lui evidentemente adirato, ma per politiche aziendali si tratteneva dal mandarlo a quel paese. Da cosa si capiva? Il mento era leggermente troppo in su e di tanto in tanto era sul punto di parlare ma non lo faceva, scaricando la tensione passando da un piede all’altro.
Visto? Niente denti digrignati.
Ovviamente la reazione che si vuole descrivere e far provare al lettore deve accordarsi con l’indole del personaggio. E’ altamente improbabile che un topo di biblioteca prenda per il collo chicchessia, ma invece potrebbe serbare rancore fino a quando non potrà vendicarsi in maniera appropriata.
I personaggi estroversi saranno tali anche nell’esprimere i propri stati d’animo, non risparmiando espressioni dirette, mentre personalmente preferisco puntare sulle reazioni fisiche per i nostri amici un po’ timidi che non saprebbero spiegare chiaramente neppure a loro stessi quello che provano.
La via migliore in ogni caso è sperimentare! Non abbiate paura, pensate a metodi sempre più astrusi per far sentire ai nostri lettori che i nostri personaggi sono proprio lì, in mano a loro, in attesa di far battere forte il cuore in sincrono con il loro!