Chi di noi non ha mai iniziato una frase con “Quando sarò riccə e famosə…” seguito dalle più meravigliose dichiarazioni riguardo all’avere una vita felice e soddisfatta?
Insomma, tutti noi abbiamo il nostro romanzo nel cassetto che una volta uscito speriamo ci faccia partire come Mago Merlino verso Honolulu in un paio di pantaloncini hawaiiani!
Sognare è bellissimo ed utile e non si dovrebbe mai permettere a nessuno nella vostra vita di impedire di farlo, ma arriva un momento però in cui ci si chiede per davvero che cosa vogliamo fare della nostra vita, e quanto vogliamo impegnarci per avere un conto a sei zeri.
In questo articolo vorrei quindi aiutarmi a capire meglio se effettivamente la fama e la ricchezza siano effettivamente sinonimo di felicità.
La Ricchezza
Da brava lettrice compulsiva mi sono documentata e devo dire che le ricerche che sono state condotte in tal senso in questi anni hanno portato a dei risultati ambivalenti, chi dice di sì, chi dice di no etc.
Volendo fare un riassunto estremamente stringato posso dire che il messaggio finale che viene dato è che la ricchezza fa la felicità fino ad un certo punto.
A tal proposito la Purdue University nel 2018 ha condotto uno studio in cui si è calcolato il gettito necessario ad essere felici nei vari Paesi del mondo e, udite udite, per essere emotivamente soddisfatti non servono che 50.000 dollari l’anno!
Mentre invece se si vuole mirare un po’ più in alto e pensare alla propria vita dei sogni ne servono circa 95mila, considerano che le donne tendono ad avere desideri che le portano ad aver bisogno di una cifra più vicina ai 100mila.
Ovviamente dobbiamo anche considerare che la vita dei sogni cambia anche in base al livello di istruzione, abbassandosi a necessitare 70mila dollari l’anno per essere una persona con un’istruzione inferiore completamente felice e soddisfatta.
Al contrario un’istruzione superiore di solito è legata alla necessità di avere circa 110mila dollari l’anno per andare a letto felici come un bambino in un negozio di caramelle.
Quindi più denaro equivale a più felicità?
A dire il vero no, vari altri studi sembrano confermare che accumulare eccessiva ricchezza fa tendere verso il basso la curva della felicità, fino a diventare addirittura dannoso per la soddisfazione personale del soggetto a causa di ansia e problemi derivanti proprio dal denaro.
Beh, adesso che abbiamo capito quanto denaro ci serve per essere felici siamo arrivati alla fine di questo capitolo, giusto?
Sbagliato! Perché non dobbiamo dimenticarci che l’essere ricchi non significa automaticamente essere emotivamente completi e soddisfatti!
Un articolo di Forbes del febbraio 2019 ci dice chiaramente che secondo uno studio di niente meno che l’Università di Harvard i soldi non fanno la felicità di per sè, ma rendono felici nella misura in cui comprano tempo!
La chiave della felicità è il tempo che si dedica ad attività e a compiti che ci rendono felici, infatti la maggior parte degli intervistati afferma che avrebbero volentieri acconsentito ad introiti minori in cambio di maggior tempo libero.
Allo stesso modo si deve sfruttare al meglio il tempo che abbiamo a disposizione pianificando (per la mia vera gioia) gli impegni con cui riempirlo per poterne trarre vantaggio appieno.
Io a questo punto un paio di idee me le sono fatte, e voi? Siete ancora convinti che una villa in Costa Azzurra sia la vera felicità o è meglio un gommone e tante risa con gli amici al mare? Magari senza le alghe e le meduse!
La Fama
La formula non è completa senza quel “e famosi”, quindi vediamo se effettivamente mettere impegno nel diventare persone pubbliche è quello che noi desideriamo.
Partiamo con il dire che il desiderio di essere famosi è una costruzione sociale in cui ci fanno sguazzare fin dalla tenera età. Quindi crescendo e guardando alla vita patinata che ci viene spiattellata davanti ogni giorno su tutte le piattaforme mediatiche anche noi vorremmo essere al loro posto.
Un po’ come quando alle elementari volevamo fortissimamente che la maestra usasse il nostro nome per fare gli esempi in classe, alla fine ha cambiato qualcosa della nostra esperienza scolastica?
Magari sì e oggi quelle persone sono degli influencers affermati o magari, come nel mio caso, mi fa solo sorridere al pensiero.
Partendo con il dire gli aspetti positivi, ovviamente chi è famoso ha la possibilità di avere accesso a più risorse rispetto a noi comuni mortali, conoscere persone con gli stessi interessi e fare qualcosa di veramente significativo per la nostra società.
Essere noti rende più semplice riuscire a trasmettere dei messaggi importanti attraverso le proprie azioni, come ad esempio aumentare la consapevolezza di vari aspetti che di solito sono taciuti, fare beneficenza e aiutare il prossimo in svariati altri modi.
La celebrità permette di influenzare il comportamento di moltissimi individui, e se utilizzata in maniera coscienziosa è uno strumento straordinario.
Ma c’è un ma. La ricerca della notorietà deriva solo dalla propria convinzione di poter dare e fare molto per il nostro tempo e per l’umanità o è per ricercare l’affetto e l’accettazione che per svariati motivi sentiamo di non aver ricevuto?
Perché in tal caso la risposta è semplicemente quella di risolvere questi conflitti prima di diventare famosi, altrimenti potrebbe ritorcersi contro.
Inoltre essere pubblici significa essere esposti. Pensate non solo a tutti gli haters e ai leoni da tastiera il cui unico scopo è quello di fare del male, ma anche a tutte quelle persone che purtroppo rappresentano un’effettiva minaccia all’incolumità delle celebrità.
Pensiamo solamente ai casi di stalking verso persone perfettamente normali, e poi moltiplichiamo all’ennesima per avere una vaga idea di quello che devono affrontare personaggi come attori e cantanti famosi.
A questo punto la propria celebrità si scontra con la propria libertà, sotto moltissimi aspetti della vita quotidiana. Pensiamo al pericolo di essere rapiti in alcuni paesi, o al fatto di poter essere vittima di appropriazione indebita di identità per colpa di alcuni imprenditori senza scrupoli che utilizzano il volto di VIP per vendere i loro prodotti, senza chiedere ovviamente.
Inoltre considerate anche tutte quelle persone che si vogliono approfittare della vostra posizione e del vostro denaro, rendendo molto più complicato riuscire a distinguere i veri amici dagli approfittatori.
Nel bilancio finale devo dire che mi sono sorpresa del fatto che ora sono decisamente convinta di non voler essere un personaggio celeberrimo, ma che essere riconosciuta nel mio campo per quello che dico e faccio sarebbe più che sufficiente.
Voi invece cosa ne pensate della ricchezza e della notorietà? Vi piacerebbe un giorno essere un volto noto o preferite l’anonimato? Leggerò felicissima i vostri commenti.
Non sento molto l’attrazione della ricchezza, e soprattutto della fama. Non vorrei andare in giro con guardie del corpo e trovare paparazzi in agguato ovunque, né risentire delle pressioni cui sono sottoposte le persone in certe posizioni. Sono anche piuttosto spartana nelle mie esigenze, in generale, MA (e non è un MA da poco) mi piacerebbe essere apprezzata come autrice e avere una bella casa dotata di parco, animali e qualche albero secolare, please! Quindi mi sa che la mia… spartanità sia un po’ relativa. 😉
Credo che il tuo interesse possa essere ridimensionato con un semplice desiderio che sia riconosciuta la tua abilità, più che la tua persona.
Una casa nel verde non implica necessariamente il parco alla Reggia di Versille, ricordo che degli zii avevano una casa in montagna, stile fattoria come struttura, anche se non aveva animali, ma aveva la porzione di un bosco.
“…la maggior parte degli intervistati afferma che avrebbero volentieri acconsentito ad introiti minori in cambio di maggior tempo libero.”
Eccola. Presente. In realtà sono messa molto peggio, non ho manco il tempo di curarmi. L’ultimo contratto infatti mi ha tolto i permessi e per una banale visita oculistica da 2 ore devo prendermi un intero giorno di ferie (che l’anno scorso però sono stata obbligata a consumare in lockdown, senza potermi muovere). Si, il tempo è la vera moneta, dal valore inestimabile perché non sappiamo quanto ancora ne abbiamo.
E la schiavitù del nuovo millennio passa rubando il tempo ai lavoratori. Comprese le riunioni programmate durante la pausa pranzo.
Il mio prossimo obiettivo è avere un part-time. E poter scrivere senza ansia dell’orologio.
Il problema del tempo è che poi, quando lo si ha, si tende a sprecare e non ottimizzare. Al di là della mia grandissima abilità a procrastinare (che va in parallelo con le mie doti organizzative), quando stacco dal lavoro poi tendo a crollare stanca e molto del tempo guadagnato lo impiego a riposarmi. Non è un male, bisogna anche concedersi del riposo, ma con la vita frenetica di oggi riposare e mangiare sembrano momenti vuoti.
Che brutta cosa, sentirsi in colpa per essere stanchi.