Capita ad ogni scrittore prima o poi: si trova davanti un’idea che entusiasma, per la fretta si scrive un veloce appunto che poi viene accantonato o addirittura dimenticato.
Ma poi tornano sempre…

Lo stereotipo

Fin da quando ho imparato a scrivere prendo appunti, e moltissimi li conservo ancora. Ogni tanto spuntano fuori e se per la maggior parte degli scritti più ingenui reagisco con una risata, altri sono veramente da piangere. Ma non li butto via, li tengo come monito.

Ad otto anni attendevo l’adolescenza, e sognavo come un mito i miei sedici anni: dovevano essere l’anno più bello della mia vita, perché libri e televisione insegnavano così.
La protagonista delle mie fantasie trovava il grande amore a sedici anni, un colpo di fulmine per un ragazzo con  qualche dramma familiare che lo rendeva problematico. Dopo alcune vicissitudini sarebbero vissuti “per sempre felici e contenti”, ovviamente.

Fu così che nella realtà dei miei quindici anni, dopo essermi guardata attorno, scoprii Salgari e mi appassionai al genere avventura.

L’impegno non basta

Hermione GrangerI romanzi su cui ho posto la parola fine si possono contare sulle dita di una mano. Tre di questi sono stati concepiti tra i dodici e i sedici anni e negherò sempre che siano farina del mio sacco.
Gli avevo dedicato molto tempo, non erano stati scritti di getto e negli anni avevano avuto molte revisioni. La pecca maggiore è sempre stata l’ingenuità, trame troppo semplici per poter risultare avvincenti.

Il primo rinnegato è stato un racconto sulla magia: utilizzava quello che io definisco la “magicabula”, ovvero quella magia per cui basta esprimere un desiderio per realizzare qualunque cosa.
Veniva così perso qualsiasi tipo di pathos verso azioni e personaggi.

Il secondo grande rinnegato è quello che ha originato il mondo di Maija: un’ambientazione a cui mi sono affezionata e delle creature che ancora oggi amo, ma nulla più. È sempre opportuno conoscere approfonditamente il periodo storico in cui si vuole ambientare il racconto, specialmente se non è il proprio.

Il terzo rinnegato? Non esiste. Almeno sicuramente non l’ ho scritto io… Se si vuole utilizzare un linguaggio particolare per caratterizzare i personaggi forse è opportuno che lo scrittore lo padroneggi.

Amare troppo ciò che scrivi

scrittura imbarazzanteIl mio archivio è ora digitale, ma molte volte scrivo frettolosi appunti su carta prima di batterli a tastiera. Difficilmente butto via qualcosa e non getto mai il cartaceo senza una corrispondenza digitale.

Periodicamente trovo divertente riesumare quegli appunti e devo ammettere che trovo ancora oggi degli spunti interessanti. Nell’epoca dell’ingenuità quando mi entusiasmavo per un’idea la inserivo a forza in un racconto. Poi il tempo mi ha insegnato a tagliare ed archiviare.

Un’idea non utilizzata non è detto che sia scartata. Ammetto di essere un’archivista maniaca compulsiva.

Ora sta a voi confessare: quali sono quelle storie e quegli elementi che avete utilizzato e dopo un po’ di tempo vi ritrovate a rileggere quasi con imbarazzo?